• raised €11,00
  • Day left ENDED

Campaign description

Un weekend speciale

E’ quasi mezzogiorno quando io e Luca saliamo sul nostro fuoristrada stracarico e imbocchiamo la B1, una delle poche strade asfaltate della Namibia, la principale arteria che attraversa il paese da Nord a Sud. Siamo diretti a Nord, nel Bushmenland, a Mangetti Dune, uno dei tanti villaggi persi in mezzo al niente. Via via che ci allontaniamo da Windhoek, incontriamo i tipici taxi collettivi, i pulmini che nel weekend si riempiono di persone che fanno rientro ai villaggi di origine.

La strada è lunga e diritta e ci aspettano molte ore di viaggio, solo domani in tarda mattinata potremo raggiungere la nostra destinazione.

Ci fermiamo a dormire in un piccolo chalet di pietra, in una “guest farm” lungo la strada, quando comincia ad avvicinarsi il tramonto e le ombre diventano lunghe e rosate. Non è possibile viaggiare di notte su queste strade, troppi animali attraversano la strada, grosse antilopi (kudu) che saltano fino a tre metri di altezza nel tentativo di oltrepassare le recinzioni delle fattorie, famiglie di facoceri, branchi di struzzi. Intorno a noi, anche questa sera, l’Africa ci regala come ogni giorno uno dei suoi colorati e indimenticabili tramonti.

Attraversando il bushmenland

Sabato mattina all’alba siamo di nuovo in macchina, per percorrere gli ultimi 200 KM del nostro viaggio. Lasciamo subito la strada asfaltata per imboccare una larga pista di ghiaia che ci conduce dopo circa un’ora al “Veterinary Gate”, il cancello veterinario, nato per evitare il diffondersi di epidemie tra il bestiame e contaminazioni tra il Sud della Namibia, più organizzato, e il nord-est, la zona più selvaggia del paese. Al cancello Romanus ci apre sorridente come sempre, ed è ancora più felice, quando Luca gli regala il pallone da Football promesso alcuni mesi fa per la “squadra” di calcio locale.

Siamo nel Bushmenland, attraversiamo i villaggi che si alternano radi e spogli, tutti uguali, uno dopo l’altro. Finalmente, dopo circa tre ore di viaggio, arriviamo a Mangetti Dune, che sembra un villaggio come gli altri ma in realtà è un villaggio “speciale”, dove una persona speciale ha creato dal nulla un piccolo mondo. Mangetti Dune era una base militare sudafricana, passata poi alle truppe ONU, arrivate in Namibia alla fine degli anni 80 per garantire libere elezioni nel paese appena uscito da una sanguinosa guerra di indipendenza.

La scelta di Melitta

Quando tutti sono tornati a casa, più di 15 anni fa, lei, Melitta, è rimasta a Mangetti, non potendo togliersi dagli occhi e dal cuore la povertà e la desolazione di quelle zone. Da allora, Melitta, medico-chirurgo svizzero, vive a Mangetti, dove ha fondato un ospedale e un orfanotrofio. L’ospedale si prende cura degli abitanti dei villaggi San di tutta la zona per km e km quadrati e l’orfanotrofio raccoglie i bimbi abbandonati o rimasti soli senza genitori. Quando i bambini diventano adolescenti, Melitta si occupa di mandarli in collegio in “città”, per permettere loro di proseguire nei loro studi, avere una formazione e delle prospettive. Sia l’ospedale che l’orfanotrofio possono andare avanti e autogestirsi non tanto per le sovvenzioni del governo, che sono scarse, quanto grazie agli aiuti di tanti benefattori privati che conoscono Melitta e quanto lei sta facendo per questo paese.

Luca ha già conosciuto Melitta alcuni mesi fa ed è già riuscito giorno dopo giorno a vincere la sua diffidenza, la diffidenza di chi da tanti anni vede alternarsi esponenti di ONG e tante associazioni umanitarie, a volte improvvisate, che troppo spesso propongono soluzioni senza ascoltare i problemi, che pretendono di insegnare e risolvere le necessità di un mondo che non conoscono. Forse Melitta ha visto nel nostro entusiasmo, nella nostra semplicità e nella nostra apertura qualcosa di nuovo.

Arrivo a Mangetti

Arriviamo a Mangetti e ci apprestiamo a montare la nostra tenda nel “campeggio” del paese, ovvero un prato alberato dietro alla chiesa. Dopo solo pochi minuti, tanti occhioni neri iniziano a spuntare da dietro i cespugli, materializzandosi dal nulla: sono i piccoli “messaggeri” di Melitta, venuti ad accoglierci. Dopo averci “aiutato” a preparare il campo, ci prendono per mano e ci portano all’orfanotrofio. Sono sereni e festosi e ansiosi di mostrarci la loro casa e la loro “famiglia”. E’ buffo sentirli parlare un po’ in inglese un po’ in dialetto San, la lingua dei bushmen, fatta di schiocchi e suoni per noi impossibili da pronunciare. Continuano a ripetere i nostri nomi, per loro troppo inusuali… “Luca.. Cecilia… Luca… Cecilia…”, alternandoli ai loro pittoreschi vocaboli.

I terroristi di Melitta

L’orfanotrofio accoglie oggi 17 bambini, o meglio 17 “terroristi” come li chiama affettuosamente Melitta; molti di loro hanno alle spalle un passato da dimenticare, che solo ogni tanto riaffiora in fondo ai loro occhi neri e profondi. C’è un bambino trovato per caso, lungo la strada, allegro e socievole ma che non riesce a parlare. C’è una ragazzina dallo sguardo di gazzella, che abbraccia un peluche e si diverte a farsi fotografare, ha subito uno stupro quando aveva poco più di 8 anni, ed in seguito a questo è stata infettata dal virus dell’AIDS.

La favola di Pinocchio

Nella casa di Melitta, tutti i bambini vivono insieme in armonia, curati ed amati, allevati e sostenuti per affrontare di nuovo il mondo. Con loro passiamo la giornata, consegniamo i nostri omaggi: un grande Pinocchio in legno e alcuni DVD con varie versioni della favola di Pinocchio.

Inseriamo il DVD nel vecchio lettore. Tutti i bambini si siedono in circolo davanti alla televisione con gli occhi spalancati, e si divertono e ridono forte vedendo le disavventure del burattino di legno, lo stesso che stringono in braccio.

E’ il nostro modo per dire che tutti i bambini del mondo dovrebbero essere uguali.

Il villaggio boshimano

Ma noi due siamo venuti qui anche con un secondo preciso scopo, non solo passare una giornata con i bimbi di Melitta, ma anche intraprendere la nostra prima iniziativa: la prima uscita ufficiale della nostra associazione… insomma… la prima scintilla !!!

Melitta conosce ogni palmo dei dintorni di Mangetti. E’ lei che può aiutarci a distribuire “la nostra merce”, quello che abbiamo potuto raccogliere con le prime adesioni, vestitini, scarpe, tute da ginnastica e maglioncini, ma in modo equo, a persone veramente bisognose, senza ledere la loro dignità e senza fare elemosina, aiutando senza creare mendicanti. Con Melitta e i “terroristi” partiamo alla volta dei villaggi ancora più interni, raggiungibili solo percorrendo stretti sentieri sabbiosi in cui il nostro fuoristrada (e il suo guidatore!!) sono messi a dura prova. Navigando sulla sabbia, entriamo nel primo villaggio boshimano dove ci accoglie tutto il clan al completo, la donna più anziana, seduta di fronte alla capanna, ci autorizza ad entrare.

La povertà del villaggio

Il villaggio è spoglio e secco. Nessuna pentola, nessun fuoco, indice di siccità e scarso cibo. I boshimani vivono di quello che raccolgono nel “bush” e di caccia. Sono cacciatori e raccoglitori ma non allevatori né agricoltori. Quest’anno la siccità già da mesi crea problemi, in quanto durante la prevista stagione delle piogge non è piovuto a sufficienza per assicurare riserve d’acqua. Pochi animali da cacciare, poche erbe, poche bacche e radici da raccogliere.

Oltre a questo l’”inverno” namibiano che, nonostante le giornate calde e assolate, porta spesso vicino allo zero la temperatura notturna… è cosa non facile da sopportare, soprattutto per i bambini svestiti e stracciati….Accendere il falò nella capanna di legno e fango è troppo rischioso ma è pericoloso dormire fuori vicino al fuoco.. gli animali selvatici che popolano la zona, iene, sciacalli, troppo spesso approfittano dei bambini addormentati introno al fuoco…

Le scarpe e i vestitini

Insieme a Melitta iniziamo a chiamare le mamme una alla volta con i loro bambini, a misurare loro scarpe e vestiti, a scegliere per ognuno la cosa più adatta.

I bimbi e le mamme aspettano seri ed ordinati, uno dopo l’altro senza fretta e senza ingordigia.

Dai loro sguardi traspare solo una grande dignità e riconoscenza.

Uno dopo l'altro...

E’ davvero emozionante e toccante essere qui. Vorremmo che quegli scatoloni di scarpine e vestitini non finissero mai…

Uno dopo l’altro visitiamo diversi villaggi: tutti uguali e tutti diversi.

In ognuno di essi segue lo stesso rituale, la stessa fila di mamme e bambini, gli stessi sguardi, la stessa calma, la stessa rassegnazione, la stessa pazienza….

Ritorno a Windhoek

Il giorno dopo all’alba ripartiamo per Windhoek, dopo un caloroso prolungato saluto a Melitta e i suoi bambini. Ripercorriamo i quasi 900 km che ci separano dalla città, quasi increduli di quello che abbiamo vissuto. Non è la prima volta che affrontiamo esperienze come questa, in una decina di ore siamo passati dai villaggi boshimani ai lustrini dei locali della città. Nonostante tutto ogni volta ci sembra che qualcosa stoni in tutto questo. In macchina riparliamo di quello che abbiamo visto, dei villaggi, dei vestiti di stracci, dei km da percorrere per prendere l’acqua… Iniziamo a pensare ad un carro per trasportare l’acqua, progettato ad hoc.. che duri nel tempo, proviamo a schizzare qualcosa. Ma questa è un’altra storia…probabilmente la prossima.

Un ringraziamento speciale per questa prima scintilla:
>GRAZIE a Gianfranco, Wilma & Virginia per il supporto diretto
>GRAZIE alla Ditta Bartolucci di Belvedere Fogliense per il sostegno e per “PINOCCHIO”
>GRAZIE ad Armando
>GRAZIE a tutti i SOCI che hanno sinora aderito, con grande entusiasmo, a volte inatteso, alla nostra Associazione.

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *